Bagliori nel vuoto





Tubo a raggi X, non firmato, inizio XX secolo
Molto rapidamente, nel giro di pochi anni dopo la scoperta di Röntgen, vennero proposti nuovi modelli di tubi a raggi X, sempre più efficaci, costruiti e venduti dai maggiori costruttori di strumenti scientifici dell'epoca. Tali tubi venivano largamente usati sia nei laboratori di fisica sia per le applicazioni in medicina.
Nell'ambito dei primi esperimenti di Röntgen, i raggi X venivano prodotti dall'impatto dei raggi catodici, ossia degli elettroni emessi dal catodo, contro la parete di vetro del tubo. Tuttavia, per ottenere immagini nitide, la sorgente di raggi X non doveva avere superficie troppo estesa e Herbert Jackson, nel marzo 1896, propose un catodo di forma concava, in modo da poter focalizzare il fascio di elettroni su una piastra metallica (bersaglio) all'interno nel tubo stesso. Questa piastra diventava quindi la sorgente dei raggi X.



Tubo a raggi X con rigeneratore ad osmosi, contrassegnato dal logo della ditta Gundelach,segnato anche "SIEMENS & HALSKE BERLIN", inizio XX secolo
Con l'applicazione di scariche elettriche di sempre maggior voltaggio, si presentò il problema del surriscaldamento del bersaglio metallico, poiché una grande parte dell'energia degli elettroni si converte in calore al momento dell'impatto. Si utilizzarono placche metalliche più spesse inserendole in blocchi cilindrici di rame montati su tubi di acciaio che, per l'alta capacità termica, contribuiva ad assorbire il calore.
Inoltre, nel corso del funzionamento dei tubi a raggi X a gas, una parte delle molecole di gas contenute veniva poco a poco assorbita e la pressione interna tendeva a diminuire rendendo il tubo meno conduttore. Diminuiva così l'intensità del fascio di raggi X prodotti. Vennero allora introdotti dei dispositivi destinati a liberare piccole quantità di gas nel tubo, in modo da mantenervi costante il grado di vuoto.
Nel presente tubo, il sistema di rigenerazione del gas è costituito da un tubo di palladio sigillato nella parete di vetro del tubo. Il palladio, scaldato fino l'incandescenza, diventa permeabile all'idrogeno della fiamma che penetra allora nel tubo, riducendo così il grado di vuoto. Questo sistema di rigenerazione, detto ad osmosi, venne introdotto nel 1897 dal fisico francese Paul Villard il quale, insieme a Victor Chabaud, costruttore di strumenti scientifici a Parigi, lo brevettò nel 1898.



Tubo a raggi X di Coolidge, firmato "PHONIX RADION 5097", reca incollata l'etichetta stampata "Type Wdo 30/150", 1/2 XX secolo
Si tratta del tipo di tubo a raggi X proposto nel 1913 da W. D. Coolidge, caratterizzato da una pressione bassissima, inferiore al milionesimo di mm di mercurio. Mentre nei tubi in uso fino ad allora, la presenza di gas residuo era indispensabile per l'estrazione degli elettroni dal catodo, nei tubi di Coolidge, detti anche "termoionici", gli elettroni sono emessi per riscaldamento del catodo, costituito da un filamento di tungsteno che viene scaldato elettricamente.
I tubi di Coolidge presentavano diversi vantaggi rispetto ai tubi a gas precedenti. Innanzitutto il loro funzionamento non era compromesso dalle variazioni di pressione nel tubo. Inoltre, le principali caratteristiche del tubo possono essere regolate in modo del tutto indipendente l'una dall'altra. I tubi di Coolidge costituiscono i prototipi di tutti i tubi a raggi X ancora oggi in uso.




Apparecchio per lo studio di sostanze radioattive, non firmato, 1/4 XX secolo
All'interno, è racchiuso un condensatore costituito da due piatti circolari orizzontali paralleli. Sul piatto inferiore si poggiava il campione radioattivo da studiare. Il piatto superiore, opportunamente isolato, comunica con un elettroscopio a foglie metalliche racchiuso nella scatola cilindrica sovrastante. Si comunicava una determinata carica iniziale all'elettroscopio, con conseguente divergenza delle foglie metalliche. La sostanza radioattiva posta sul piatto inferiore dello strumento scaricava poco a poco per ionizzazione il condensatore; il conseguente movimento delle foglie metalliche dell'elettrometro dava così un'indicazione sulla radioattività della sostanza in esame.

Elettrometro di Elster & Geitel per misure radioattive, firmato sulla scala "Günther & Tegetmeyer Braunschweig D.R.G.M.", 1/4 XX secolo
Si tratta di uno degli apparati ideati dai fisici Julius Elster e Hans Friedrich Geitel per misurare la radioattività all'inizio del XX secolo. In questo caso, l'apparecchio, specificatamente progettato per essere trasportato, doveva essere destinato allo studio sul campo della radioattività dell'aria.
In pratica, si cominciava col caricare l'elettrometro con la pila Zamboni di cui era corredato; la radioattività dell'aria scaricava allora a poco a poco per ionizzazione il dispersore e si osservava la diminuzione della tensione indicata in un tempo determinato






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