La misura dell'intensità della corrente elettrica: i galvanometri Nel giro di poco tempo dopo l'invenzione della pila, si cercò il modo di misurare l'intensità della corrente elettrica. Si sfruttarono in questo senso gli effetti calorici e chimici della corrente, ma fu la scoperta di Oersted dell'azione della corrente su un ago magnetico a fornire un mezzo decisamente superiore a qualsiasi altro. In particolare, ripiegando più volte ad anello il filo conduttore dalla corrente da misurare, e ponendo l'ago magnetico al centro dell'avvolgimento, si amplificava l'azione della corrente, ottenendo un effetto anche con correnti piuttosto deboli. Questo dispositivo, detto per l'appunto "galvanometro moltiplicatore", venne introdotto nel 1820 da Johann S. C. Schweigger e servì come base per lo sviluppo di innumerevoli modelli successivi. Notevoli tra gli altri i galvanometri astatici ideati a partire dal 1825 da Leopoldo Nobili. Questi galvanometri, particolarmente sensibili per l'epoca, vennero costruiti in tutta Europa rimanendo in uso per tutto l'Ottocento. Galvanometro astatico di Nobili, non firmato, fatto costruire da Leopoldo Nobili, circa 1830 I galvanometri di Nobili permisero di rivelare correnti molto deboli le quali, fino ad allora, potevano essere messe in evidenza unicamente attraverso le contrazioni di zampe di rana preparate di fresco. Nel 1825 con i suoi galvanometri Nobili fu il primo a mostrare l'esistenza e a misurare l'intensità delle correnti elettriche in tessuti organici. Una delle principali caratteristiche di questi galvanometri era costituita da un sistema di due aghi magnetici, posti parallelamente uno al di sopra dell'altro con i poli in direzioni opposte in modo da costituire un sistema astatico, ossia quasi insensibile al campo magnetico terrestre. Il presente esemplare venne fatto costruire personalmente da Nobili e fu da lui spedito nel 1830 a Salvatore Dal Negro, l'allora professore di fisica sperimentale a Padova.
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